VENUS Shocking Blue

VENUS Shocking Blue SignificatoSe una canzone piace, non si può fare di meglio che ascoltarla. A volte vien voglia di approfondire, di chiedersi da dove sia arrivata. Come ogni opera creativa, la canzone non è frutto di un big-bang nella testa di chi la concepisce, sebbene l’elemento personale debba essere il più qualificante, ma si basa su codici che già esistono, oltre che su esperienze e rielaborazioni. Nel caso di Venus il compito è facile, non c’è bisogno di cercare collegamenti a un genere, siamo a un livello immediato: da più parti si osservano somiglianze con un pezzo precedente, The Banjo Song, inciso nel 1963 dal gruppo folk americano The Big Three. A sua volta The Banjo Song giocava con la popolarissima Oh Susanna, al cui testo  veniva associata una nuova melodia. A parte le prime note del ritornello (quando Su-san-na diventa She’s got it) e un vocalizzo che nel mixaggio si disperde come se calasse dall’alto, Venus sembra ricavare da The Banjo Song l’impalcatura del pezzo nelle sue suddivisioni, ed essenzialmente una bassline con radici nel blues e in particolare nel boogie, già incorporata nelle sue varianti in brani come Peter Gun Theme di Henry Mancini o Lady Madonna dei Beatles. Gli Shocking Blue fanno eseguire al piano elettrico (e al basso che però rimane in ombra), ciò che i Big Three avevano affidato alla chitarra, e rendono il tutto più ballabile. Le pennate iniziali ricordano invece Pinball Wizard degli Who, ma il frammento non risulta caratteristico se non nella sospensione, creata per scaricarsi in un ritmo che fa la spola fra due punti; là l’istinto grida “muovi su e giù quei piedi”, o inviti simili. 

Che differenza c’è fra un singolo che passa un po’ inosservato e una grande hit? Sono in causa equilibri delicati, basta spostare certi allineamenti per ottenere risultati molto variabili, indipendentemente dall’impegno delle case discografiche nel lancio del brano. Succede per versioni alternative della stessa canzone, figuriamoci per canzoni diverse. A tutt’oggi gli spartiti di Venus riportano come autore della musica Robert van Leeuwen; d’altronde quando c’è di mezzo il blues non è così facile rivendicare delle paternità, o forse non c’è stata volontà di farlo da parte di Tim Rose dei Big Three. Gli Stati Uniti potevano essere una base di lancio più favorevole per il successo internazionale rispetto all’Olanda, ma va ricordato che i Paesi Bassi fra gli anni 60 e i primi 70 furono uno dei territori più floridi, se non il più florido, per le rock band che cantavano in inglese pur avendo un’altra madrelingua. Molto vivace la scena dell’Aja, città di riferimento per il Nederbeat e da cui provenivano gli Shocking Blue. Van Leeuwen, che di fatto ne era il leader, nei suoi versi celebra una dea (nota con altro nome fin dall’antica Grecia, sempre a proposito del risalire all’origine delle cose) deviando non poco dal percorso western (o southern) di Oh Susanna. Più che una dea, ammiriamo una donna in carne e ossa che a una dea potrebbe essere paragonata, e che trova un corrispettivo nella presenza e nella voce della cantante Mariska Veres. La canzone ha avuto numerose cover, fra cui la più famosa è quella delle Bananarama del 1986. In Italia fu subito riproposta dal gruppo dei Dalton che adattarono il testo mantenendone grossomodo il senso. Il motto centrale, lo “scis gade” che si vorrebbe inseguire con le traduzioni per dire che lei ha una sorta di x factor ed è padrona di ciò che alle altre manca, diventa più semplicemente “sognare” (la devo sognare). Con Venus gli Shocking Blue andarono forte anche nel nostro paese; se ne trova riflesso in un pezzo di Cochi e Renato e nelle sue parole stralunate, dove il nome della band viene ancora adattato per assonanza: questa è la canzone intelligente / che farà cantar, che farà ballar / che farà ballar /   (PAUSA)   lo sciocco in blu.

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